LIVE NIRVANA INTERVIEW ARCHIVE November 19, 1991 - Roma, IT

Interviewer(s)
Stefano Mongardini
Interviewee(s)
Kurt Cobain
Dave Grohl
Publisher Title Transcript
Mucchio Selvaggio #168 Nirvana Yes (Italiano)

Dopo più di due anni, il tranquillo Kurt Kobain è di nuovo davanti a questo microfono, questa volta in compagnia del nuovo batterista David Grohl.

- Come avevi affermato nell'ultima intervista, avete cambiato la vostra musica. Avete scritto le canzoni prima o dopo il contratto con la David Geffen Company?

Kurt Kobain: "L'ultima volta che abbiamo parlato è stato più di due anni fa. Allora dissi che volevamo cambiare stile: dopo Bleach avevamo intenzione di variare maggiormente le canzoni; abbiamo sempre amato il pop. E' stato molto prima del contratto discografico. A quei tempi ci piaceva molto About a Girl, che è l'unico pezzo pop del disco. Questa volta abbiamo scritto più pezzi pop che hard, ma questo non vuole dire che abbiamo un diverso modo di suonare. Usiamo ancora molto il distorsore, e in concerto facciamo molte cose da Bleach.

- Come avete ottenuto il contratto: ho sentito che i Sonic Youth,con cui siete stati in tour, vi hanno influenzato nella scelta dopo la positiva esperienza con la Geffen.

K.K.: "Prima di prendere in considerazione la Geffen c'erano una decina di labels che trattavano con noi. La Geffen fu una delle ultime. Ci siamo probabilmente accordati con loro perché anche i Sonic Youth erano con loro, perché sembravano veramente interessati alla musica underground. Ci sono cinque impiegati che prima lavoravano per etichette indipendenti, un paio venivano dalla SST.

- Quali differenze ci sono nei rapporti tra una band ed una major rispetto alle indies? Queste ultime affermano di avere un rapporto più personale con l'artista. Siete d'accordo?

David Grohl: "Penso che quando tratti con una major, in qualche modo non ti fidi, ma dall'altro lato invece sì…"

K.K.: "Perché lavorano con scadenze, sono molto professionali e competenti in quello che fanno, hanno tutto sotto controllo. Così, sai che non ci saranno mai incazzature, che di solito non avrai problemi perché sono puntuali. Alla Sub Pop lavoravamo con circa dieci persone, ognuno con un compito preciso: promozione, radio, produzione. La stessa cosa accade con la D.G.C.… Ci sono una decina di addetti che conosciamo personalmente, con cui parliamo sempre al telefono, con cui ci vediamo: esiste un rapporto con loro. Possiamo chiamarli ai loro numeri privati ad ogni ora del giorno. Molte delle persone che lavorano con noi sono un pò più vecchie, così non siamo proprio buoni amici come con quelli della Sub Pop. Ma condividiamo gli stessi interessi e loro lavorano per noi, e tutto funziona alla perfezione.

D.G.: "Anche l'atmosfera non è quella dei grandi uffici: sono vecchie case di un paio di piani tutte collegate tra loro e concentrate in un isolato".

K.K.: "Non come quando entri alla Capitol ed hai davanti a te un enorme grattacielo".

- Le canzoni di Bleach erano rabbiose e senza speranza. Al contrario Nevermind è molto emozionale. Hai una diversa attitudine nei confronti delle cose in genere oppure è solo l'amore per il pop? 

K.K.: "Penso di non essere più la persona amareggiata come ai tempi di Bleach, in cui ero frustrato ed incazzato. Sono cresciuto, in questi due anni, attraverso l'influenza di amici: mi sento più sicuro riguardo alla band e felice di constatare che suoniamo bene ogni sera, e che non ci saranno problemi con tempi errati da parte della batteria. David mi sorregge con i 'backing vocals' e posso finalmente permettermi degli strumenti buoni così da sapere che lo show non andrà a puttane. Posso concentrarmi sul songwriting e cercare di esprimere emozioni diverse dalla rabbia.

- Mi dicesti che Bleach parlava di rabbia e di confusione. Sei più ottimista nei confronti della vita?

K.K.: "Anche adesso non posso negare sentimenti come la rabbia. Sono ancora incazzato per molte cose che accadono nel mondo. Non lo negherò mai. Probabilmente mi sento più a mio agio nell'analizzare in maniera matura. Non puoi emanare solo furia, non puoi solo attaccare ed accusare le cose che non ti vanno bene, devi razionalizzare e discuterne con la gente. Non puoi solo urlare.

- Mi sembra che questa attitudine sia cambiata anche nella musica. I tardi anni '80 sono stati pieni di potenza e rabbia per l'underground. Ora si sta riscoprendo il lato emozionale.

D.G.: "Penso che ognuno stia tornando alle basi, preoccupandosi di scrivere canzoni. Non c'è niente di più importante per una band che scrivere canzoni. Ci sono un milione di gruppi sulla Terra ma forse solo un due per cento è in grado di scrivere una melodia che resti impressa nella mente. E questa è una sfida più grande che esternare un messaggio colmo di rabbia. Canzone e melodia sono la sfida più stimolante nella musica.

- L'ultima volta vi piacevano i Pixies, i R.E.M. Con il cambiamento della vostra musica sono cambiate anche le influenze?

K.K.: "Mi piacciono ancora i Pixies, i R.E.M. e le Breeders, ma anche i Black Flag ed i Butthole Surfers, i Melvins, i Jesus Lizard, Vaselines e Beat Happening. Non è cambiato molto da allora.

- I R.E.M. hanno fatto un lavoro molto accessibile al grande pubblico. Cosa pensi di Out of Time?

K.K.: "Non mi piace, non perché lo consideri più commerciale dei loro ultimi. Ho sempre pensato ai R.E.M. come a una band commerciale, e questo non mi ha impedito di amarli. Scrivono delle grandi canzoni, e li rispetto perché cambiano. Ammiro le band che cambiano su ogni album. Ma mi sembra che le canzoni non abbiano molta forza espressiva in questo caso. Non ho comprato il disco, l'ho sentito un paio di volte.

- E Trompe le Monde dei Pixies?

K.K.: "Mi piace molto. Non è così bello come Surfer Rosa, ma molto meglio dei loro ultimi due album. Sono stato molto lieto di sentire che erano tornati ai vecchi suoni: voci urlate e chitarre caotiche."

- Recentemente su un settimanale inglese ho letto un articolo in cui venivate descritti come una band che distrugge camere d'albergo ed appicca fuoco a furgoni. E' stato scritto che così facendo incarnavate lo spirito del rock'n'roll.

D.G.: "E' solo sensazionalismo. Non vale neanche la pena di pensarci su".

- Non pensate che da questo punto di vista il rock'n'roll sia morto.

K.K.: "So quello che intendi dire. Per anni il rock è stato analizzato confrontandolo con il passato. Certamente gli Who erano soliti distruggere i loro strumenti sul palco ed i Led Zeppelin radevano al suolo stanze d'albergo, ed altre bands lo hanno fatto per venti-trenta anni. Ma non c'è molto altro da fare quando sei un ragazzo di vent'anni che suona rock con la chitarra. Fare cose del genere risulta molto naturale. Spesso non è molto costruttivo… è più distruttivo (accenna ad un sorriso), ma è naturale, è una reazione, specialmente se sei in tour per tre mesi di fila, sei stanco e le cose non vanno bene come dovrebbero. Non mi vergogno di quello che faccio e mi rendo conto si tratti di un clichè, ma è ancora divertente, sano divertimento. Ci piace farlo ogni tanto. Non capita da settimane ultimamente…"

- La stampa lo riporta riferendosi al background del rock, come lotta al sistema, mentre per voi è solo uno sfogo, un sintomo di noia, voglia di divertirsi.

D.G.: "A volte la gente lo fa sembrare coerografato, studiato. Quando succede succede, altrimenti avremmo ancora le chitarre per il concerto successivo (risate).

- Il potenziale rivoluzionare che la gente poteva interpretare negli anni '70 e soprattutto '60 si è trasformato in una faccenda privata, personale.

K.K.: "Non penso che ci siano state bands nei sixties che erano istigatrici di rivoluzione. Provvedevano ad un background musicale per gente che era politicamente molto attiva. La ispiravano. C'erano molti attivisti politici che iniziavano il processo e poi le bands aiutavano a tenere in vita questo spirito. I gruppi rock oggigiorno hanno paura ad essere troppo politici ed io lo capisco. E' comprensibile perché non funzionò allora. La maggior parte della gente era tranquilla, appassionata della musica, che fu coinvolta, senza volerlo, ad essere rivoluzionaria, 'anti-establishment'. Questa volta non ci sono leaders musicisti che attaccano la situazione attuale. Ci sono bands come Fugazi ed altre che alludono alla rivoluzione, ma che non la usano come piattaforma spirituale del proprio modo di fare musica. Perché chi ha preso in mano la chitarra per la prima volta vuole colpire la gente musicalmente prima che politicamente. Non dico che sia giusto o sbagliato, solo che le ragioni sono comprensibili…

- Penso che stia accadendo perché negli anni '60 la scena musicale era molto compatta, oggi è…

K.K.: "Molto segregata. Non è mai stata segregata come ora. Negli anni '60 per le bands era facile essere politicizzate anche grazie a tutto il supporto che avevano dai fans e dalla maggioranza del movimento hippie. I Cream o i Led Zeppelin erano da top ten. Oggi non ci sono bands che siano remotamente sovversive o underground, che riescono ad essere in classifica in America o altrove. Non sentono il supporto. Tutto si è spaccato in pezzi sempre più piccoli anche l'underground si è diviso, c'è la 'straight-edge scene' (quelli puliti che non bevono, non fumano ecc.. n.d.r.) ed i vecchi punk che fanno uso di alcol e di droghe e nessuno è d'accordo con l'altro, e se non puoi trovare un accordo a queste basse percentuali (la controcultura ha sempre avuto basse percentuali d'aderenza), è dura aspettarsi qualcosa.

- Oggi l'ascoltatore non riesce ad indentificarsi con l'artista per più di una settimana, dopodichè viene attratto da un altro fenomeno.

D.G.: "Io penso che negli anni '60 e '70 c'era un pò più di amore per la musica. Simboleggiava la ribellione ed era un viaggio che ti aiutava a fuggire dalla realtà. Oggigiorno mi chiedo quanta gente ascolti veramente la musica… è solo una moda… un mercato".

K.K.: "Negli anni '60 il rock non aveva ancora cominciato ad esaurirsi. C'era ancora molto su cui sperimentare. Suonare la chitarra non ha molti segreti: ci sono ventiquattro capotasti, c'è una limitata quantità di tempi che puoi usare senza diventare troppo jazzy. Questa è la ragione per cui si sono sviluppati tanti stili: jazzy-white boy-funk-metal e tutti si stanno fondendo. Non ci sono molte cose da fare. Questo può essere accettato da una parte di pubblico che può capire tale musica. Io personalmente non la capisco, non mi piace affatto, ma sono conscio del perché esista.

- D'altro canto il rock sta diventando sempre più sensazionalista: mi chiedo come la gente possa credere che una band come i Guns'n'Roses possa incarnare lo spirito del rock.

K.K.: "Si ricollega a quello che ha detto Dave: la maggioranza della gente non è amante della musica, non la capisce, non sa cosa è buono e cosa no. La usano solo come parte della moda, parte della propria identità: i Guns'n'Roses possono fare la musica più merdosa, basta che ci sia un buon aneddoto che faccia sensazione.

- Non pensi che MTV abbia contribuito all'aspetto sensazionalistico del rock, facendo perdere al fruitore l'attenzione sulla musica stessa?

K.K.: "Può accadere, ma quasi ogni video che ho visto su MTV fa schifo, come fa schifo la musica. Non penso affatto che il video inibisca la musica. Ci sono canzoni di bands che mi piacciono e vedendo i loro video non penso che questi abbiano influito negativamente sulla musica, fintanto che questi siano visivamente interessanti. Il video può cambiare quello che la tua mente pensa della musica. Se hai ascoltato un pezzo prima di vedere il video, potrai avere idee diverse e in questo caso può…"

- Distorgliere l'attenzione.

K.K.: "Esattamente. Ma penso che il video sia ancora un mezzo vitale. Mi piacerebbe fare un film o girare immagini che siano complementari alla musica".

- Com'è stato lavorare con Butch Vig?

K.K.: "Grande. Butch è una persona talmente rilassata. E' stato molto facile andare d'accordo".

- Ha messo alcune idee nelle canzoni?

K.K.: "Un paio di canzoni non erano finite o erano troppo lunghe, così ci ha suggerito dove tagliarle. Potrebbe averci suggerito alcuni suoni di chitarra. Ma non ricordo i particolari. Abbiamo lavorato veramente bene insieme, eravamo sulla stessa frequenza".

- Dopo tour lunghissimi, senti qualche volta il bisogno di tornare in quel posto noioso dove sei cresciuto di cui mi raccontavi l'ultima volta?

K.K.: "Non proprio. Andare in tour non è un gioco, non è un party ogni sera. Ci sono delle settimane che è così noioso da non credere. E' come essere rinchiusi nella propria camera da letto per settimane. Viaggi per otto ore, suoni, sei esausto e dormi troppo. Vai in hotel e dormi di nuovo. Non è molto salutare. L'unico modo per fare un pò di moto solo le due ore di concerto, un tipo di aerobica, dove dai il massimo. Per il resto del tempo sei seduto in un autobus, e non digerisci bene il cibo. Sei in uno stato di continua sonnolenza".

© Stefano Mongardini, 1992